1. Le prepotenze online possono avvenire in qualsiasi momento e luogo in cui si è connessi.
2. I cyberbulli sono noti o apparentemente sconosciuti.
3. Il “materiale” usato dai cyberbulli può essere diffuso in tutto il mondo. Un commento o un’immagine o un video ‘postati’, possono essere potenzialmente in uso da milioni di persone.
4. Il bullo virtuale tende a fare ciò che non avrebbe coraggio di fare nella vita reale se non avesse la ‘protezione’ del mezzo informatico.
5. Il cyberbullo approfitta della presunta invisibilità attraverso la quale vuole ugualmente esprimere il proprio potere e dominio (N.B. ogni computer lascia le “impronte” che possono essere identificate dalla polizia postale).
6. Il bullo virtuale non vede le conseguenze delle proprie azioni, questo, in parte può ostacolare la comprensione empatica della sofferenza provata dalla vittima, e limitarne la consapevolezza anche se non è questo quel che costituisce un freno al bullo.
7. Nel cyberbullismo si possono rilevare anche processi di depersonalizzazione, dove le conseguenze delle proprie azioni vanno prescritte agli avatar o le identità alterate utilizzate online.
8. Nel bullismo virtuale, anche la vittima che è tale nella vita reale o non gode di un alta popolarità a livello sociale, può diventare un cyberbullo, anche nei confronti dello stesso bullo “tradizionale”.
9. Nel caso di cyberbullismo gli spettatori possono essere passivi o attivi (partecipare nelle prepotenze virtuali). La stessa vittima non ne parla quasi mai con un adulto, per vergogna, per paura delle conseguenze (mancato accesso al computer), perché sono sottovalutate le possibili conseguenze.