Cyberbullismo e social network, Flora è l’ennesima vittima

Amanda Todds 15 anni, si è suicidata il 10 Ottobre 2013. Prima di morire ha lasciato uno sconcertante video su Youtube in cui denuncia al mondo il suo caso e la sua solitudine. Dopo di lei c’è stato il caso del ragazzino suicida a Roma. Tutti eventi legati ad una parola:  cyberbullismo. In questi giorni emerge da Twitter il caso di Flora, 17 anni, massacrata su Twitter (gli hashtag sono #Flora e #iostoconflora), rea di aver vinto un biglietto per un concerto. Cos’è  il cyberbullismo, quali sono i suoi legami con il suicidio adolescenziale e da dove deriva?

Cyberbullismo è un termine utilizzato per indicare il fenomeno che avviene quando bambini e/o adolescenti si avvalgono dell’utilizzo di internet, dei telefoni o di altri tipi di tecnologia per maltrattare e molestare ripetutamente i propri coetanei.  Secondo i dati diffusi nel convegno «Cyberbullismo e rischio devianza», organizzato dal ministero dell’Istruzione, uno studente italiano su quattro compie o subisce atti di prevaricazione via web: il 26% di ragazzi ne è vittima, mentre il 23,5% si definirebbe cyberbullo. La ricerca condotta su 2.419 adolescenti dall’Osservatorio Open Eyes – di cui fanno parte oltre al Miur anche l’associazione ChiamaMilano, l’Istituto Niccolò Machiavelli, il dipartimento di Psicologia dell’Università di Napoli – arriva a stilare una top-ten delle persecuzioni online. Flaming: messaggi violenti o volgari (commesso dal 17,8% dei maschi e l’8,7% di femmine);  Denigrazione e danneggiamento della reputazione (10,2% dei ragazzi e 6,9% delle ragazze); Furto di identità, ovvero la creazione di un profilo fittizio (6,2% degli studenti e 4,1% delle studentesse). L’8,4% dei cyberbulli (3,8% delle cyberbulle) pratica, invece, l’esclusione della vittima dai gruppi di amici. Secondo uno studio americano  (LeBlanc, J. C. (2012). Cyberbullying and Suicide: A Retrospective Analysis of 41 Cases. Paper presented at the American Academy of Pediatrics (AAP) National Conference and Exhibition in New Orleans),   sui suicidi di 24 femmine e   17 maschi avvenuti in un’ età compresa tra i 13 e i 18 anni, negli Stati Uniti, in Canada, nel Regno Unito e in Australia, il 24 per cento dei ragazzi è stato vittima di bullismo omofobico  (di cui solo il 12 per cento è identificato come realmente omosessuale).

Secondo lo studio, il 78 per cento degli adolescenti che hanno commesso suicidio sono stati vittime di bullismo sia a scuola che on-line, mentre solo il 17 per cento sono stati esclusivamente vittime di cyberbullismo. In questi casi di suicidi adolescenziali c’erano però malattie mentali pre-esistenti quindi gli autori dello studio hanno così concluso che il cyberbullismo è un fattore presente in alcuni suicidi, ma quasi sempre ci sono altri fattori come la malattia mentale o la presenza di altre forme di bullismo, come quello faccia a faccia. Il cyberbullismo in genere rientra nel contesto del normale bullismo. Perché il maschio adolescente passa più frequentemente  all’agito  aggressivo? Ha molto peso l’assenza genitoriale: l’assenza del padre soprattutto lascia l’adolescente in balìa della paura di restare inglobato nella fusione materna e per emanciparsi egli deve compiere atti maschili di forte rottura.  Secondo Stoller la nostalgia dell’esperienza fusionale primaria è una minaccia sempre latente per la virilità,  all’origine  di tutte le difese maschili; spetta alla funzione paterna sostenere la separazione dalla matrice simbiotica originaria e avviare il figlio all’autonomia. Per fuggire dal terrore di dipendenza e passività, l’adolescente maschio con relazioni primarie insoddisfacenti e bisogni infantili non contenuti, giunge alla devianza.

Perché anche le ragazzine? La mancanza di una funzione di accoglimento primaria, ascolto capace di metabolizzare rabbie e paure trasformandole in pensieri, lascia l’adolescente di entrambi i sessi in balìa del gruppo. Il gruppo agisce come un’orda primitiva l’aggressività contro il nemico di turno poiché ogni singolo membro deve  dimostrare a se stesso e agli altri di essere immune dalla paura  e quindi la proietta sotto forma di violenza contro un nemico. Così il terrore della passività, impotenza e fusione infantile, viene esorcizzato attraverso il gruppo e l’agito violento verso un nemico che altro non è che il lato bambino, piccolo, spaventato e indifeso che ogni adolescente ha in se stesso ma elimina e aggredisce proiettandolo e aggredendolo in chi è più debole di lui.

Quello che può fare ogni genitore è parlare costantemente con il figlio, raccontare queste storie, più che pontificare chiedere un parere:“ Tu cosa ne pensi ?” e iniziare un dialogo. Scrive lo psichiatra Giuliano Castigliego dopo il recente suicidio di un’ altra  vittima di cyberbullismo, Carolina: “Siamo forse   noi psichiatri, psicologi, psicoterapeuti, che parliamo volentieri di psicoterapia  online, che dovremmo trovare ed offrire una modalità adeguata per accompagnare online anche questi processi –   che di sostegno hanno talvolta bisogno per non cedere al puro contagio emotivo o all’agito aggressivo (come sembra tra l’altro sia già avvenuto in questo caso) – e per intercettare in rete il bisogno di informazione ed il malessere di adolescenti e giovani, come fa ad esempio Ciao.ch nella Svizzera Francese.”